La scatola che scotta – Parte 3

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06/10/2022

Quel pomeriggio fu uno strazio: Esca aveva continuato a stimolarmi per 3 ore, vibrando a un’intermittenza tale che non mi permise di venire. Cosa mi diceva questo di Mr. G, il mio misterioso compagno di giochi hot? Forse che era un po’ sadico.
A quel punto – alle 19.30 di un giorno qualunque – mi sentivo infoiata, desideravo solo soddisfazione e l’avrei ottenuta.


Non avrei mai creduto di dirlo ma per fortuna in negozio fu una giornata tranquilla e non si presentò nessuno (a parte Filippo) così mi ero potuta concentrare sulla mia eccitazione per tutto il tempo, finché non ebbi più voglia di giocare con Mr. G al supplizio a cui mi costringeva.
Il mio pomeriggio era terminato con l’invio di una email proprio indirizzata a Mr. G, che aveva perso un’occasione. Il mio messaggio era chiaro e sintetico: “Game Over”.

Doveva avermi risposto, perché sentii il telefono squillare, ma decisi di ignorare quella notifica, volevo tornare a casa, dove speravo di trovare il mio compagno pronto a soddisfarmi.

Asciugai le cosce con una salviettina e mi rimisi le mutande controvoglia, ancora eccitata dalla sensazione di non indossarle per lasciare che uno sconosciuto mi masturbasse.
Per tutto il pomeriggio avevo provato un’eccitazione sfrenata, ma Mr. G non mi aveva permesso di raggiungere l’orgasmo, così questa aveva assunto in fretta il sapore della frustrazione ma senza svanire e anzi crescendo sempre più dentro di me.

Finalmente però avrei varcato la porta di casa, oltre la quale avrei trovato il mio uomo assorto in qualche attività.
Speravo ardentemente di non sorprenderlo a spolverare la sua collezione di monete antiche e, a quel pensiero, mi preoccupai di dover portare io, da sola, a termine ciò che Mr. G aveva iniziato in negozio. Oddio, e se Giorgio avesse indossato quella polo tanto brutta?!
Avrei dovuto trovare un’alternativa, qualcosa che potesse regalarmi le sensazioni che bramavo, di pienezza e realismo. Avevo in mente qualcosa che potesse rispondere a quelle mie esigenze, ma dentro di me speravo di poter cavalcare il mio uomo.

Lui ancora non lo sapeva ma quella sera sarebbe stato usato per portare a termine ciò che un altro uomo aveva iniziato. Avrebbe assolto un compito, come dire, “sudato” considerate le mie intenzioni e la temperatura ambientale di circa 38° C percepiti. 

Ecco come andò.

Entrai in casa e mi fermai appena oltre la soglia per slacciarmi e sfilarmi i sandali alla schiava che indossavo. Procedetti scalza e a passo svelto verso la cucina, dove di certo l’avrei trovato a quell’ora, intento a preparare la cena prima che rientrasse nostra figlia Elena.
Mr. G sapeva che avevo una figlia?

Lo trovai proprio lì, impegnato a centrifugare l’insalata che aveva appena lavato con indosso solo dei leggeri pantaloni grigi. Alzò lo sguardo e sorrise: “Ciao tesoro!”
Non proferii una parola: lo raggiunsi con un balzo, l’impatto del mio corpo contro il suo petto nudo fece vacillare la centrifuga che teneva in mano e che conteneva l’ingrediente principale della nostra cena, a base di insalata di pollo (di certo non la pietanza preferita di Elena).
Giorgio mi strinse prontamente la vita con il braccio sinistro, mentre col destro posò la centrifuga sul grande tavolo al centro della stanza. Nel frattempo lo baciai avidamente sulle labbra, alternando baci più superficiali a più profondi che il mio uomo assecondò senza battere ciglio. Avvertii la pressione di un rigonfiamento tra le sue gambe, che premeva contro di me: “Bene” pensai, “non aspettavo altro e abbiamo poco tempo prima che mio padre riporti a casa nostra figlia”.

Gli abbassai i pantaloni fin sopra al ginocchio dove utilizzai il piede sinistro per portare a termine il loro viaggio, spingendoli fino ai suoi piedi. 

Infilai una mano dentro le sue mutande afferrando quel pene che conoscevo a memoria e di cui, nonostante tutto, non avrei mai avuto abbastanza. Lo accarezzai prima con il palmo della mano e poi solo con la punta delle dita, sentendolo diventare sempre più duro per me.

Anche Giorgio decise di concentrarsi sull’essenziale: trascurò la mia t-shirt bianca e si diresse velocemente alla mia minigonna di jeans, l’alzò e infilò una mano nelle mie mutandine, accorgendosi subito del fatto che ero fradicia. 

la scatola che scotta

Aprì i bottoni della minigonna, la spinse leggermente verso il basso e la osservò cadere sul pavimento. Me ne liberai facendo un passo alla mia destra, dando modo a Giorgio di appoggiarsi al tavolo in legno, liscio e lucido.
Giorgio capì subito – dopotutto 13 anni insieme dovevano significare qualcosa – e mi sollevò affinché potessi cingerlo con le mie gambe e si sedette sul tavolo ingombro che cercai di liberare un po’, spingendo con le gambe gli oggetti che lo occupavano a destra e sinistra, lontano da noi.
“Sdraiati” gli ordinai, e lui lo fece continuando a sorreggermi con le braccia.
A quel punto puntai le ginocchia sul tavolo, a gambe divaricate sul suo pene eretto. Lui mi osservò da capo a piedi e il suo sguardo si posò sulle mie mutande color carne e a vita alta.
“Giulia, queste lo farebbero ammosciare anche a un toro” ringhiò. Infilò due dita nell’elastico in vita e le strappo “Ecco, ora non faranno più schifo a nessuno”.
Ma che hanno gli uomini contro la biancheria color carne? Anche Mr. G mi ha scritto che non gli piace, qualche ora fa…

Mi impalai sul membro turgido di Giorgio – che faceva bella mostra di sé dalle mutande blu appena abbassate – senza sforzo e con un gemito che uscì dalla gola di entrambi.
Provai un’immediata sensazione di riempimento e sollievo: questo era esattamente ciò di cui avevo bisogno e lo sentii crescere rapidamente dentro di me
Iniziai a muovere i fianchi velocemente, da subito e senza accortezze, ci sarebbe stato tempo per la delicatezza un’altra volta. Non potevo più aspettare, avevo bisogno di sfogarmi e pareva che anche Giorgio fosse nella mia stessa condizione.
Si mosse anche lui e i nostri corpi si schiaffeggiarono a ritmo costante, mentre le sue mani mi toccavano ora le natiche e ora la schiena, si infilavano sotto la t-shirt bianca alla ricerca dei miei seni e, sempre da lì, si tendevano ad afferrarmi il collo. Pensai che mi avrebbe strappato anche la maglietta ma non lo fece.
Da parte mia, l’unico contatto che cercavo con lui l’avevo già: era dentro di me e i miei sensi erano tutti concentrati lì, in un quel piccolo spazio bagnato tra le nostre gambe.

Continuammo a muoverci furiosamente per alcuni minuti prima che lui mi sussurrasse “Giulia… vieni… adesso…” portandomi al culmine con la sua voce e premendo le dita della sua mano sinistra contro la mia gola.
Buttai la testa all’indietro inarcando la schiena, scossa dalle potenti ondate di piacere che sentii irradiarsi per tutto il mio corpo, mentre mi schiaffeggiava la natica sinistra con la sua mano libera, prima di affondarci le dita. Venni, finalmente, dopo tutte quelle ore di tormento. Le gambe mi tremarono scosse dagli spasmi che mi pervasero tutto il corpo.

Giorgio era ancora lì, tra le mie gambe. Guardai il suo bel viso e pensai che fosse il suo momento: volevo vederlo soddisfatto, osservarlo mentre veniva come lui aveva appena fatto venire me.

Continuai a muovermi su di lui fissandolo negli occhi e mi chinai sul suo petto, sfiancata, e posai le labbra sul suo collo senza fermare i movimenti del bacino.

Sentii la sua eccitazione aumentare, i suoi movimenti farsi più veloci, finché lo sentii venire dentro di me e i suoi versi gutturali mi raccontarono la potenza del suo orgasmo. Lunghi e bassi, ad accompagnare gli ultimi colpi di un momento di pura passione condivisa.


Rimasi ferma alcuni istanti con il suo pene dentro di me, entrambi ansimanti, in una cucina in cui ora si respirava odore di sesso, il nostro odore che mi piaceva così tanto, finché mi chinai su di lui, gli posai un lieve bacio sulle labbra e mi spostai dal suo corpo scendendo contemporaneamente dal tavolo.
Giorgio si sollevò dalla superficie di legno che aveva sorretto entrambi e in quel momento sentii il suo seme colarmi giù per le gambe.


Improvvisamente pensai a Mr. G. Chissà chi è? Può trattarsi davvero di Giorgio? Nulla in lui mi lasciava pensare che fosse così… a parte il disgusto che li accomunava per l’intimo color carne.
Giorgio mi afferrò per un braccio trascinandomi a sé e mi strinse fra le sue braccia, accarezzandomi i capelli e ridendo “Questo sì che è un aperitivo Giulia, perché non lo facciamo diventare un’abitudine?”
Risi anch’io “Se fosse un’abitudine che gusto ci sarebbe?” 

Stretta tra le sua braccia ripensai al piacere appena vissuto, non avevo mai provato un orgasmo tanto forte, ne avevo solo letto qualcosa su un blog. Com’è che lo chiamavano in quell’articolo?… Ah si! Edging.
Sentivo che la mia vagina era ancora bollente e pulsante, la pressione sanguigna in quel punto del mio corpo mi faceva pensare che avrei potuto ricominciare di lì a poco con Giorgio, ma non era il caso: nostra figlia si sarebbe materializzata presto di fronte a noi ed entrambi dovevamo darci una sistemata.
Io, inoltre, avevo bisogno di un attimo per tornare alla solita routine, dopo una giornata a dir poco “insolita”.

Scritto da: Sister Midnight

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